Il futuro delle fee alla fine del rewarding

Come potrebbero cambiare le sorti dell’infrastruttura Bitcoin

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Il Mining è probabilmente il pilastro più importante su cui si regge tutta l’infrastruttura di Bitcoin, fulcro stesso del concetto di «trustless» e risolutore del problema dei generali bizantini.

Il mining è l’atto di creare Bitcoins, fondamentalmente l’atto di trovare questo “minerale algoritmico” e coniarlo in token utilizzabili. Il processo di mining è pertanto remunerativo per coloro che lo intraprendono, eseguendo il software di Bitcoin mining sui propri computer. In parole povere, il mining trasforma elettricità in Bitcoins: i computer cercano numeri che non sono ancora stati scoperti e, appena li trovano, possono essere trasmessi come monete nel network. I miners generano ricchezza, poi la mettono in circolazione a loro discrezione. (Jaromil- 2014)

Il dualismo che intercorre tra la generazione di nuova moneta, che quindi si propone come zecca del protocollo, e il rewarding necessario ai minatori per reggere l’infrastruttura attorno alla validazione delle transazioni, alla risoluzione della PoW e al consensus di tutta la rete, sono di fatto, due facce della stessa medaglia, o se vogliamo «moneta», infatti il rilascio del token svolge ambedue le funzioni.

Rilevata l’importanza che il Mining svolge all’interno di questo tecno-sistema, constatiamo anche che oggi questo processo è altamente stocastico e tramite proof of work premia i suoi «servitori» in cambio del lavoro svolto, della potenza di calcolo messa a disposizione e dei costi ad essa connessa: energia elettrica e costo dell’hardware.

Il Max Supply: 21 Milioni di btc

Generazione di nuova moneta e rewarding dei minatori sono quindi due facce di una stessa moneta che per imposizione deflazionistica del suo creatore ha il suo max supply predeterminato inequivocabilmente a 21 milioni di token, ma predeterminata è anche la «velocità» con cui essi vengono generati, Nakamoto ha infatti previsto un «halving» che partendo dal blocco genesi dimezza i bitcoin in palio ogni 210.000 blocchi, stabilendo il profitto dei minatori determinando il loro reward nel tempo e anche il conio di nuova moneta, il tutto controllato da un «aggiustamento» della difficoltà della PoW settato ogni 2016 blocchi, così da perpetrare nel tempo questo halving predeterminato.

Essendo tutte delle formule matematiche è facile capire che si può già oggi predeterminare quando accadranno: nell’immagine sopra riportata vediamo come l’ultimo «satoshi» verrà estratto nel blocco 6,930,000.

Ma possiamo anche sapere quando questo ultimo blocco verrà minato e con esso il suo ultimo satoshi:

Che dovrebbe accadere presumibilmente nel maggio del 2140. Questa data benché sia il risultato di formule matematiche è stata messa più volte in discussione, sia dall’avvento degli Asic e sconfutata da altri quando i computer quantistici saranno realtà. Non mi dilungherò oltre su quest’argomento anche se presenta diversi spunti di discussione molto interessanti.

Cosa succederà dopo?

Sappiamo che tutta l’infrastruttura Bitcoin si regge sul rewarding, ciò che non abbiamo detto è che oltre questo c’è dell’altro, in termini «economici», per i minatori: le fee.

Ogni blocco validato e trasmesso ai nodi con dimostrazione di PoW da diritto al minatore oltre che al reward previsto dal protocollo anche alle fee legate ad ogni transazione inclusa nel blocco, rappresentando un’altra forma di incentivo per il lavoro svolto. Il punto nodale di questo articolo sta proprio qui: è sostenuta da molti la tesi secondo la quale alla fine del rewarding i miners decideranno spontaneamente di alzare le fee per ogni transazione al fine di non alterare il profitto generato da questo «lavoro»; se il mining dovesse ritrovarsi non profittevole per tale motivo l’infrastruttura crollerebbe su se stessa, ma essendo un sistema basato sull’avidità si è sempre più convinti che anzichè lasciare che questo accada i miners ricorreranno ad un aumento dei costi di transazione, a danno quindi degli utenti della rete che sino ad oggi sarebbero stati «protetti» da questi costi proprio dalla presenza del rewarding.

Oggi: analizziamo i dati

Attualmente i miners guadagnano circa 12.000.000 di dollari tra il coinbase e le fee dei blocchi, con una media dal blocco genesi di 10.000.000 , considerando l’halving che è andato dimezzandosi da 50btc agli attuali 12,5btc, questo è un primo segnale di come il guadagno si è incrementato grazie all’espansione della rete nonostante il reward più che dimezzato; certamente il tutto è stato possibile dal fatto che il valore di bitcoin è andato sensibilmente a crescere in tutti questi anni.

Togliendo il coinbase del reward notiamo come le fee pesino oggi circa 160.000 dollari analizzando un grafico a 30 giorni;

Se analizziamo lo stesso grafico All Time del valore totale delle fee pagate ai miners su scala logaritmica ci accorgiamo di come queste siano esponenzialmente cresciute dalla genesi, raggiungendo un picco eccezionale a dicembre durante il famoso bull rush:

In futuro cosa ci aspetta?

Ipotizzando di proiettare questi dati storici in avanti nel tempo potremmo immaginare che ad ogni raggiungimento degli halving programmati la rete si sarà ingrandita in proporzione sopperendo dunque alla mancanza del coinbase. Sarà davvero così?

Se analizziamo il grafico seguente che mostra l’espansione del network Bitcoin Core in numero di nodi possiamo notare come la rete sia andata in crescita:

Conclusioni

Non credo sia possibile arrivare a delle conclusioni, per via di tantissimi fattori, primo tra i quali è la natura open source del progetto Bitcoin; in tale frangente l’applicazione e diffusione di layer2 come Lighting Network potrebbero sconvolgere totalmente calcoli o supposizioni, e se in 10 anni dalla sua nascita i developers hanno apportato centinaia di BIP ed altre innovazioni chissà cosa accadrà nei prossimi 130 anni, ammesso che anche tale data non sia ridimensionata dall’arrivo dei computer quantistici, evento che potrebbe drammaticamente attualizzare la riflessione che questo stesso articolo voleva sollevare. Chi vivrà vedrà.

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