Bitcoin scioglie gli Iceberg, forse…

Debunking all’energivorità della Proof of Work

cryptosecco
10 min readMar 13, 2022

Molto spesso sentiamo la tematica ambientale incalzata con fervore dai detrattori della Proof of Work, generalizzando su molti aspetti che meriterebbero invece una disamina approfondita. L’assunto principale di questa tesi è che la PoW, e dunque Bitcoin, sprecherebbe tantissima energia per funzionare, e per diretta conseguenza che inquini.
Che la PoW sia un protocollo “energivoro” è certamente indubbio: come abbiamo visto basa tutto il suo meccanismo sul dare una prova computazionale che deve essere portata a termine spremendo al massimo l’hardware richiesto per risolvere l’hash, e che questo necessiti chiaramente di essere alimentato da energia elettrica. E’ innegabile che il protocollo usi molta energia e che questa produca un’inquinamento, ciò che però è fallace in questo ragionamento è proprio la deduzione logica consequenziale: enrgivoro → inquinamento, perchè non tiene conto di tutti i fattori che compongono quest’equazione:

  • Carbon Footprint
  • Fonti Energetiche
  • Consumo Futuro
  • Energy Wasting
  • Avanzamento Tecnologico

Il Carbon Footprint è il dato piu importante e largamente utilizzato per la stima delle emissioni in atmosfera di gas serra, ed è espresso in tonnellate di Co2. In questo primo punto va assolutamente misurato il consumo totale della rete Bitcoin, che attualmente si attesta sui 75 TWh, un numero sicuramente importante pari a circa 30 milioni di tonnellate di CO2, ma che confrontato con altri pradigmi “simili” risulta piu esiguo di quello che si possa pensare:

  • Estrazione Oro: 58 milioni di tonnellate di Co2
  • Banconote/Atm: 7 milioni di tonnellate di Co2
  • Banche: 390 milioni di tonnellate di Co2

Questo tipo di disamina è sicuramente fine a se stessa, lo ammetto, perchè mette a confronto Bitcoin con dei sistemi simili, che emettono quantità largamente maggiori di gas serra di svariate proporzioni, ma che di fatto non invalida la tesi dell’inquinamento, semplicemente ci suggerisce la sua misura all’interno di una scala di piu ampie vedute che ci aiuta a comprendere in che contesto si confronti Bitcoin, come alternativa al moderno sistema bancario avrebbe già vinto in quanto a emissioni, tacendo pure gli avversori piu accaniti.

Le fonti energetiche sono invece uno dei dati piu significativi per addentrarci nella questione dell’inquinamento perchè se da un lato è innegabile il consumo energetico di Bitcoin, dall’altro è un dato che risponde solo alla domanda “quanta” energia richiede, non alla “qualità” delle fonti energetiche, necessarie per poter rispondere alla domanda “inquinamento”. Per trovare una risposta significativa a questa domanda dovremmo concentrarci prima sulla logistica delle macchine: il mining è un’attività che può essere tranquillamente dislocata rispetto all’operatore, il miner, a cui basta una connessione ad internet per poter svolgere il proprio lavoro, mentre le macchine possono essere alimentate vicino alla fonte energetica se questa, come vedremo, è di tipo green.

La Cina è il principale detentore mondiale delle farm con il possesso di circa il 65% dell’hashpower, la quale si serve principalmente di energie rinnovabili per alimentare le sue macchine: solo il 30% infatti è di origine fossile, il resto viene suddiviso in parti diseguali tra energia idroelettrica e geotermica in una sorta di transumanza legata alle stagioni piovose che vede le farm spostarsi tra le regioni di Xinjiiang, Sichuan, Nei Mongol e Yunnan. Una stima a favore vuole infatti la rete Bitcoin avvalersi di circa il 70% di energie rinnovabili, che su un’emissione mondiale di Co2 di 37 miliardi di tonnellate, vedrebbe la rete Bitcoin attestarsi ad un contributo di circa la 0,04%, o nelle stime piu pessimistiche dello 0,1%.

Un altro aspetto sottovalutato è quello del Consumo Futuro, la stima sul reale consumo del mining di Bitcoin è mutabile nel tempo perchè le fonti energetiche variano di continuo, e già questo dovrebbe dare una misura di come i miner siano degli abilissimi imprenditori, alla ricerca continua di energia a basso costo, risultando probabilmente l’unica infrastruttura al mondo a seguire le fonti energetiche migliori, persino da indurli a spostare la propria potenza di calcolo altrove in base alla stagionalità. Questo andrebbe tenuto conto in una proiezione temporale futura perchè, se è vero che tutto il mondo sta facendo sforzi importanti per abbandonare il carbon fossile in favore di fonti energetiche rinnovabili, la rete di Bitcoin sarebbe probabilmente una delle prima a beneficiarne, migliorando quindi la stima di emissioni odierna in un dato sensibilmente piu basso. I continui halving poi, che dimezzano la reward e quindi i profitti dei minatori nel tempo, porteranno l’attività di mining ad impiegare meno risorse hardware perchè appunto diventerà via via meno profittevole nel tempo, rendendo le fee la principale fonte remunerativa per i miner ( Il futuro delle fee alla fine del rewarding )ad aggiungersi a questo aspetto futuro sarà la diffusione che i layer2 come Lightining Network apporteranno in termini di efficienza energetica.

Infine c’è la questione dell’ Energy Wasting: gran parte dell’energia prodotta a livello mondiale viene di fatto sprecata, di cui circa l’8% viene dispersa nel solo trasporto: questo induce la questione energetica di Bitcoin in una posizione sicuramente piu green per via del fatto che le farm si collocano principalmente dove l’energia costa meno, dunque proprio nel sito di produzione come nel caso delle rinnovabili. Il consumo annuale di energia in USA è di 3.989 TWh di cui tanto per portare degli esempi 7 TWh vengono consumati per le sole luci natalizie, tra i 220 e i 240 TWh per i dispositivi passivi in stand-by in uso nelle abitazioni che se lo espandiamo al mondo intero porta questo numero a circa 940TWh.

Il miner ricorre al costoso carbon fossile come fonte energetica solo in mancanza di soluzioni piu economiche, in questo caso bisogna pensare a come l’esubero energetico di qualsiasi fonte energetica venga di fatto sprecato producendo gas serra senza un reale apporto alle nostre vite o alla nostra economia, Bitcoin in questo scenario si colloca andando ad attingere a gas serra che verrebbero comunque immessi nell’atmosfera ma trasformando quello spreco in un utilizzo concreto, parallelamente a quello che è l’industria dell’alluminio, per la quale serve tantissima energia elettrica che viene attinta proprio dove quell’energia è in esubero.

Un altro punto è l’Avanzamento Tecnologico dovuto all’adozione della Proof of Work che ha portato dapprima l’industria delle Gpu ad uno sprint tecnologico massivo non solo come potenza computazionale dei chip prodotti dai colossi come Nvidia, ma sopratutto dal punto di vista dell’efficienza. Innegabile il progresso degli Asic nel processo produttivo dei propri chip che, anno dopo anno, grazie agli ingenti investimenti dei miner, ha consentito di produrre chip sempre piu efficienti dal punto di vista energetico con processo produttivo espresso in nanometri:

La questione “energetica” ed “inquinante” di Bitcoin e della PoW è un argomento molto complesso ed articolato che per la mole di dati da dover analizzare non riesce a produrre una stima effettiva ma solo approssimativa, ma in questa approssimazione ci troviamo comunque in scenari assolutamente molto proporzionati e del tutto lontani da titoli sensazionalistici riportati dai mass media. La disamina sopra è un appunto sommario cui ho dedicato uno spazio per dovizia di particolari, ma rimando il lettore a due importanti link per approfondire l’argomento: Analisi dell’impatto ambientale dei Bitcoin e endthefud.org/energy .

Quanto consuma il sistema bancario moderno?

Secondo diverse statistiche il sistema bancario moderno consuma circa 660 TWh di energia, utilizzata per le filiali del sistema bancario e gli sportelli automatici, oltre a cotone, plastica e metallo per banconote e monete. Possiamo presumere che questo valore sia aumentato dell’1–2% annuo negli ultimi 10 anni, potendo quindi stimare una cifra di circa 700 TWh che equivale a circa 400 Mt di CO2 prodotti.

Quasi il 90% delle transazioni valutarie internazionali sono in dollari, il 60% delle riserve valutarie sono detenute in dollari e quasi il 40% del debito mondiale è emesso in dollari.

Fino agli anni ’60 il mondo è passato allo standard formalizzato nei patti di Bretton Woods, dove fu indicato agli Stati Uniti di custodire e detenere abbastanza oro per sostenere l’intero sistema monetario; tanto oro, tanti dollari, in equal misura. Successivamente il presidente Nixon, stremato dagli ingenti costi della guerra in Vietnam, dovette trovare un modo per continuare a finaziare la politica espansionistica americana, fu così che un decennio dopo egli sciolse i patti di Bretton Woods e slegò il dollaro dalle riserve auree, gettando l’america e il mondo intero nel vortice dell’inflazione e della stampa scellerata di valuta.

Da li in poi il dollaro è stato svalutato di oltre il 10% nei primi anni, diminuendo costantemente il suo potere d’acquisto, eroso continuamente dall’inflazione:

Il mondo entrò in una grave crisi finanziaria, colpendo indistintamente tutte le economie e valute legate all’egemonia del dollaro, ma Nixon chiarì perentoriamente la sua posizione in modo lapalissiano: “I don’t give a shit about the lira.“

Il MiCa e la proposta di ban della Proof of Work

La proposta del MiCa demonizza prepotentemente la Proof of Work, e quindi Bitcoin, per il suo consumo energetico, commettendo però la fallacia di non riuscire a separare “consumo” da “inquinamento” in questa logica. Voler ricavare delle stime di inquinamento ambientale partendo dal consumo energetico, non tiene infatti conto delle fonti energetiche usate da questo algoritmo di consenso per poter funzionare.

Più di una volta si è sentito paragonare il consumo di Bitcoin ad uno stato come la Norvegia (uno dei più virtuosi in efficientamento energetico tra l’altro), accostamento legittimo al fine di dare una “misura” quantitativa che possa essere recepita con facilità dal grande pubblico, strategia che però non risulta onesta intellettualmente verso il lettore e che diventa pretenziosa nei mezzi adoperati per spiegarla.
Vediamo perché:

Il consumo di energia si esprime in Tw/h annui; il consumo annuale di elettricità mondiale è di 153.000 Tw/h per 37 Miliardi di tonnellate di Co2. Bitcoin secondo le stime medie (c’è una difficoltà nel calcolare i reali consumi proprio per le stime ricavate a partire dal consumo energetico senza tenere conto delle fonti) è di circa 70 Tw/h, impattando quindi per lo 0,04% sul consumo totale mondiale di energia, nelle stime peggiori 0,1%.

Mettendo dei dati in scala otteniamo:

Bitcoin

Tw/h 70

Co2 30M di tonnellate

Gold mining

Tw/h 265

Co2 60M di tonnellate

Banks

Tw/h 650

Co2 400M di tonnellate

Energy Wasting (trasporto)

Tw/h 1000

Bitcoin nasce per soppiantare l’attuale sistema economico, adottarlo significherebbe ridurre i consumi legati al mondo bancario e finanziario dell’80% circa.

Bitcoin secondo le stime si avvale del 70% di energie rinnovabili, questo non per virtù dei miners, coloro che estraggono la moneta, ma per via del fatto che questo tipo di fonti energetiche sono a basso costo; altre infrastrutture non possono avvalersi di questo tipo di fonti energetiche per limiti fisici e per costi di trasporto dell’energia.
Bitcoin è infatti l’unico business al mondo che è totalmente delocalizzato:

L’hardware specializzato (Asic) può essere posto direttamente nei siti di estrazione, svolgendo il loro lavoro online, dove basta una connessione ad internet.

Bitcoin recupera poi tutta quell’energia in esubero che viene prodotta da centrali e siti energetici che altrimenti andrebbe sprecata, anche questo può farlo grazie alla sua delocalizzazione risultando efficiente come l’industria dell’alluminio da questo punto di vista.

Un ban della Proof of Work per risolvere gli esigui, come abbiamo visto, numeri sull’inquinamento di Bitcoin sarebbe in ogni caso inutile:

Gli Asic sono macchinari specifici, non possono essere reciclati per altre utilità, questo porterebbe i miners a spostare le macchine in giurisdizioni comprensive, invalidando qualsiasi teoria sulla diminuzione della Co2. Ad avvalorare questa tesi riporto il recente episodio trascorso lo scorso anno: Il 60% del mining di Bitcoin risiedeva in Cina sino al 2021, estate in cui la repubblica popolare decise di bannare per l’ennesima volta Bitcoin dalla sua giurisdizione:

L’hashrate crollò letteralmente in un attimo così come le emissioni di Co2, salvo riprendere e toccare nuovi massimi solo qualche mese dopo, questo proprio perché i macchinari, una volta cessata la loro funzione, sono stati trasferiti in nord america per poter riprendere a funzionare.

Una farm che ha investito centinaia di milioni in macchine specifiche, deve salvaguardare il proprio investimento trovando siti alternativi di “estrazione”

Ultimo appunto: il futuro della PoW di Bitcoin sarà sempre più green; Il mining ha alimentato è finanziato la tecnologia delle gpu e degli Asic portando il processo produttivo dei chip a nanometri mai visti prima, il che significa altissima efficienza energetica.

I layer2 poi, come LN, porteranno gran parte delle transazioni offchain impattando considerevolmente sui consumi energetici e sull’emissione di Co2 che si ridurranno a percentuali molto basse.

Conclusioni

Bitcoin e la Proof of Work sono energivori? Si. Bitcon e la Proof of Work inquinano? Si.
Converrete però che fermarsi a queste titolazioni da clickbait è incredibilmente riduttivo per un argomento che invece merita un approfondimento di Bitcoin e la PoW per comprendere il “come” e il “quanto”, e del sistema bancario moderno per comprendere la “misura” e riportare il tutto in una prospettiva non solo piu ampia, ma che porta alla luce il capro espiatorio di quello che invece dovrebbe essere il vero sistema da debellare.

Arrivare a tali conclusioni è complesso, non per la vastità di dati da analizzare, ma perchè questa analisi richiede di negare un’evidenza semplice per abbracciare una verità complessa e che richiede, oltre lo sforzo non pregiudizievole, quello di calarsi dentro la tana del bianconiglio per vedere quanto è profonda; chiunque ci abbia provato oggi è un massimalista di Bitcoin.

“È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio.” — Morpheus, Matrix

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